Cattiveria o determinazione?
In una lettera inviata al Corriere della Sera a marzo 2025, circa un mese prima di morire, Papa Francesco ha lanciato l’ennesimo appello per la pace, nel quale ha sottolineato l’importanza dell’uso attento delle parole. Riporto una parte della lettera 1
Vorrei incoraggiare lei e tutti coloro che dedicano lavoro e intelligenza a informare, attraverso strumenti di comunicazione che ormai uniscono il nostro mondo in tempo reale: sentite tutta l’importanza delle parole. Non sono mai soltanto parole: sono fatti che costruiscono gli ambienti umani. Possono collegare o dividere, servire la verità o servirsene. Dobbiamo disarmare le parole, per disarmare le menti e disarmare la Terra. C’è un grande bisogno di riflessione, di pacatezza, di senso della complessità.
Queste parole sono profondamente sagge. Potrei aggiungere altri esempi di persone illuminate (Mandela, Martin Luther King, Gandhi, Daisaku Ikeda) che ci hanno esortato a stare lontani da parole orientate a stimolare la parte violenta innata in ogni essere umano.
Mi soffermo su una parola comunemente utilizzata nel linguaggio sportivo, calcistico ma non solo, che dal mio punto di vista è un esempio di come la scelta delle parole non sia innocua, ma contribuisca alla creazione di un’atmosfera che può facilmente sfociare nella violenza. Quante volte, nei commenti relativi a una partita di calcio, abbiamo ascoltato le seguenti parole:
“Dovevamo essere più cattivi sotto porta”
“Abbiamo perso perché ci è mancata cattiveria”
Cito la definizione dell’aggettivo cattivo dal dizionario Treccani2 :
[lat. captīvus «prigioniero», der. di capĕre «prendere»; il sign. odierno ha avuto origine dalla locuz. del lat. crist. captivus diabŏli «prigioniero del diavolo»]. – È l’opposto di buono, in quasi tutti i suoi significati. 1. a. Nel senso morale, malvagio, perverso, disposto al male
Credo che cattivo sia la qualità peggiore da associare a un essere umano, e cosa c’entra con lo sport? Tra l’altro, la cattiveria si manifesta normalmente con la violenza e la rabbia, uno stato nel quale siamo completamente preda della nostra parte emotiva e nel quale la nostra lucidità è totalmente annebbiata. Ritengo che sia l’esatto contrario dello stato d’animo di uno sportivo che deve affrontare una competizione, nella quale deve essere al massimo delle sue facoltà fisiche e mentali. Proprio la lucidità mentale può fare la differenza per prevedere il passaggio di un compagno, l’intervento di un avversario, oppure per immaginare un colpo assolutamente geniale.
Sarebbe curioso sapere da quale momento storico la cattiveria ha fatto il suo ingresso come ingrediente fondamentale per vincere una competizione. Non possiamo fare a meno di notare che l’esortazione alla cattiveria avviene già nelle competizioni dei nostri bambini, che iniziano subito a respirare un’atmosfera fatta di parole orientate alla violenza. E si arriva poi al paradosso che, nell’esultanza per aver segnato un gol, la reazione emotiva è talvolta una manifestazione di rabbia invece che di gioia e soddisfazione.
La lingua italiana ha una bellissima parola da usare al posto di cattiveria, che dovrebbe essere bandita dal contesto sportivo. La parola è determinazione, ho chiesto a Microsoft Copilot (tool d’intelligenza artificiale) la definizione:
La determinazione è la forza interiore che spinge una persona a perseguire un obiettivo con costanza e fermezza, nonostante ostacoli o difficoltà. È la capacità di restare focalizzati su un traguardo, senza lasciarsi scoraggiare. Nel contesto sportivo, è quella grinta che porta un atleta a dare il massimo, a superare i propri limiti e a non arrendersi di fronte alle sfide.
Seguiamo l’invito di papa Francesco, Gandhi, Nelson Mandela, Martin Luther King, Daisaku Ikeda. Disarmiamo lo sport, con determinazione mettiamo da parte la cattiveria!
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